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lunedì 20 gennaio 2014

Sempre più attuale, in questi anni di dilagante ignoranza e prepotenza.

domenica 19 gennaio 2014


sabato 18 gennaio 2014


 Ciò che sorprende nello scandalo Hollande non sono le corna, quelle ci sono un po’ dappertutto, ma è il sopravvivere dell’antichissimo modello sociale che divide le donne in due categorie distinte e da tenere distinte: Le donne da sposare o comunque da presentare in pubblico (per gli ipocriti che si sentono moderni solo perché non si sposano) e le donne con cui ci si diverte.
 In questo caso abbiamo una bella signora di classe che per aspetto e personalità ben si presta alle occasioni ufficiali e poi c’è l’attrice biondina che persino sul red carpet fa un’impressione un po’ così così.
Una si tiene per la presenza pubblica e l’altra per ciò che si chiama amore, perché i Francesi a differenza degli Italiani tengono giustamente molto alla propria immagine nazionale e soprattutto internazionale.
Il fatto che questo modello sociale sia stato mantenuto ai vertici di una delle sinistre più progressiste d’Europa, è a dir poco scandaloso, significa che per quanto riguarda la condizione della donna negli ultimi millenni non è cambiato niente, e che siamo ancora ai tempi dell’antica Grecia e forse ancora più indietro perché certamente non si può paragonare la biondina con Aspasia.
Una questione privata? No, perché ad essere stata ingannata qui non è solo una signora, ma il popolo francese che nella scelta del presidente ha preso in considerazione anche chi sarebbe stata la premiere dame,  a quanto pare la storia andava avanti già da due anni e ancora oggi il volto di una donna piuttosto che un'altra può fare la differenza per l’elezione a presidente. La scelta non è stata tra una donna o l’altra, è stata semplicemente una scelta di potere.

lunedì 13 gennaio 2014


giovedì 9 gennaio 2014


Che dire... Sono lusingata per la bellissima recensione pubblicata su sololibri.net.
Che Malus diventi un best seller... non so, ma che è molto originale per esseren un fantasy, questo l'avevo notato da sola. Spero solo che piacia ai miei lettori.
Per quanto riguarda il seguito, ci sto ancora lavorando, è finito, mancando solo le ultime cesellature. Sarà un po' diverso dalla prima parte, un po' più del genere Signore degli Anelli con un finale decisamente dantesco, tanto per restare nel made in Italy.

...Questo romanzo non è solo diverso dagli altri fantasy che ho letto, ma ha anche qualcosa di grandioso forse per i temi trattati o per come li affronta. Secondo me ha le carte in regola per diventare un best seller, almeno spero che lo diventi, così posso darlo al mio fidanzato americano e dirgli ”Leggi, voi fantasy così non ne avete!”... continua http://www.sololibri.net/Malus-N-Latteri-Scholten.html

martedì 7 gennaio 2014


Il più antico testo dell'incipit del Vangelo secondo Giovanni

lunedì 6 gennaio 2014


Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l'emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d'amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra.

Alda Merini






Datemi un punto fermo e vi solleverò il mondo
Archimede di Siracusa



È un romanzo fantasy un po’ particolare, forse dipende dal fatto che l’ambientazione fantasy in realtà non è altro che una metafora del mondo attuale.
Il romanzo è molto fantasioso e giocherellato, ricco d’umorismo, ma è solo una parvenza che serve per alleggerire il narrato e distrarre dai temi portanti del romanzo che escono fuori con forza solo negli ultimi capitoli.
Il titolo scelto per il romanzo è in pratica un gioco di parole latine, perché Malus come sostantivo è il melo ( l’albero del sapere presso molte culture antiche), e in questo caso il  nome del protagonista,  mentre come aggettivo diventa male, il Male.
Il soggetto del libro è infatti sia il bellissimo Malus, sia il Male. Questa varietà di significati e possibilità interpretative è una peculiarità del romanzo, che avendo più sfumature e livelli di lettura si presta a diverse interpretazioni.
Come avrete capito l’argomento dominante è il Male, non solo in quanto tale, ma  nella sua capacità d’inganno e forza di persuasione. L’essere certi di non farne parte. Malus spinge il lettore a chiedersi chi sia realmente il cattivo.
L’ambientazione germanica è una scelta di comodità preferisco descrivere luoghi, leggende e usi che conosco, piuttosto che rifarmi al classico quanto vago fantasy inglese. Il substrato culturale, però, è chiaramente italiano, o meglio appartenente alla cultura classica, per  cui spero che non vi scandalizzerete se il mio drago parla con la voce di Parmenide e se vi ho inserito l’anelito all’infinito di Giordano Bruno, come detto il  mio è un fantasy particolare.
La trama è difficile da riassumere senza svelare dettagli importanti e togliere il piacere della lettura, vorrei solo anticipare che inizialmente potrebbe sembrare una bella storia d’ amore, ma non lo è. Il fulcro del romanzo è lo scontro tra il drago Penumbra e L’Ombra, è un duello tra due intelligenze diaboliche.
I fatti sono narrati da un giullare, che si definisce pazzo, alla ricerca della propria anima persa nelle nebbie dell’odio, ma quella che racconta non è la sua storia o della stirpe reale nibelunga alla quale appartiene, bensì quella del drago Penumbra inviato dagli altri draghi nel Midgard per sottrarre agli uomini un’arma in grado di distruggere Madre Natura. Un’ impresa che si rivelerà molto più complessa del previsto.
L’ arma è custodita nell’irraggiungibile fortezza di Nachtfels ai confini del Midgard in possesso di Malus, il Principe della Notte, il quale intende servirsene per evadere dal castello e vendicarsi affogando nel sangue il Midgard. 
In tutto questo viene a trovarsi Desirée, un’irriverente ragazza dei nostri giorni con un passato da ballerina classica e punk, che insieme a degli sboccati e divertenti Mostriciattoli cerca di risolvere la questione a modo suo.
 Intanto il drago Penumbra scopre che nei più oscuri meandri della fortezza si annida un’entità la cui malvagità è di tale portata da scombinare i suoi piani e costringerlo ad alzare moltissimo la posta in gioco. Lo scontro sarà senza esclusione di colpi ed arriverà a sconfinare nel trascendentale. Niente è come poteva sembrare inizialmente.

Il “mistero di Archimede” non è uno dei tanti artifici dell’archeologia del mistero che vanno tanto di moda oggi, è qualcosa di molto più serio e intricato. Non è nemmeno un fraintendimento moderno dell’antichità, un qualcosa che non siamo riuscit a capire, lo troviamo, infatti, già descritto in Plutarco:
“In tutta la geometria antica non è dato incontrare argomenti più difficili e profondi di quelli affrontati da Archimede, espressi in termini più semplici e puri. Alcuni studiosi attribuiscono questo portento alle doti congenite dell’uomo; altri ritengono che il fatto che ogni suo principio sembri raggiunto senza lacuna fatica o difficoltà, è dovuto alla straordinaria elaborazione con cui la ricavò. Per quanto uno cerchi, non potrebbe arrivare mai da solo alle dimostrazioni ch’egli dà; eppure appena le ha apprese da lui, ha la sensazione che sarebbe riuscito egli pure a trovarle, tanto è liscia e rapida la strada per cui conduce a ciò che vuole dimostrare”(Plutarco, Vita Marcelli, 17).
Plutarco individua molto bene il punto della questione: una dimostrazione chiara, così come sono ben comprensibili e conosciuti i procedimenti applicati con estremo rigore scientifico (non solo antico, ma anche moderno), ciò nonostante non si riesce a capire come siano stati fatte fatte le sue proposizioni e questo fin dai primi teoremi come la Quadratura della parabola (per inciso la prima somma di una serie infinita che ci sia pervenuta), per arrivare a quelli più complessi delle ultime opere quali la curva spirale o alcuni teoremi contenuti nel “Metodo meccanico”.
In passato, fu stata avanzata da più parti l’ipotesi che Archimede avesse fatto uso di procedimenti tenuti segreti o quanto meno non contenuti nelle poche opere superstiti. L’ipotesi è stata in parte confermata dal ritrovamento del “Metodo meccanico”, che ha colmato alcune lacune, ma non tutte, poiché il “Metodo meccanico” non sembra avere sempre fornito la scoperta, piuttosto sembra essere stato usato ad ulteriore riprova di quanto ideato altrimenti, così in parte il mistero è rimasto inviolato.
Leggendo Archimede effettivamente ci si rende conto che doveva esserci molto di più. Per dare l’idea delle perdite subite, basti pensare che nell’antichità Archimede era noto soprattutto come astronomo e l’unica opera archimedea che potrebbe essere ricondotta all’astronomia che ci è pervenuta, è l’Arenario, che più che un opera di astronomia è un divertisement matematico.
E allora? Come è possibile che uno scienziato vissuto 2200 anni fa, abbia potuto scrivere dei capolavori scientifici senza che i suoi collegi di oggi e del recente passato riescano a capire come abbia fatto? Tanto più che le sue opere costituiscono il fondamento e la base della maggior parte delle discipline scientifiche di oggi.

Indubbiamente la questione ha a che fare con il metodo scientifico, il ché dà la misura dell’importanza e della portata della questione, dato che quello che noi conosciamo come il metodo galileiano, altro non è che la versione un po’ approssimata  e meno rigorosa del metodo scientifico archimedeo, e che, inoltre, Leibniz quando non riuscì a difendere il suo metodo di calcolo infinitesimale e definire gli infinitesimali, affermò che si trattava solo di un diverso linguaggio matematico, il quale avrebbe in ogni momento potuto essere espresso col metodo archimedeo (il metodo di esaustione, la parte chiara dell’elaborazione archimedea)… furono proprio queste asserzioni che finirono col costituire il principale alibi per la sopravvivenza degli infinitesimali nell’analisi matematica, di cui Archimede fu il padre fondatore.
Dupoint commenta questo importante passaggio storico, dicendo giustamente“ Si vuole procedere più speditamente. Nasce un’analisi infinitesimale agile ma su basi fragili. La disinvoltura prende il posto del rigore (archimedeo). Gli indivisibili… sostituiscono il metodo di esaustione”.

Cambiarono le esigenze degli scienziati e di conseguenza l’approccio alla scienza stessa. Una diversa idea della scienza può portare anche a risultati e procedimenti diversi, questa è la soluzione suggerita dal fisico Salvatore Notarrigo, che nega l’esistenza di un mistero archimedeo, ricollocando Archimede all’interno dalla filosofia italica, nata con Pitagora e sviluppata oltre da Democrito, che a differenza di quella di matrice aristotelica, era contraria alla divisione della scienza in diverse discipline, ma la concepiva come unica. Risultato della stessa deduzione logica, di conseguenza non vedeva niente di male nell’applicare ad esempio processi meccanici alla risoluzione di problemi geometrici, come faceva Archimede ed avevano fatto altri prima (ad es. Archita di Taranto, maestro di Eudosso) e dopo di lui  Eratostene di Cirene, per cui, secondo Notarrigo, le parti mancanti  dell’esposizione archimedea  che producono il cosiddetto “mistero” andrebbero cercate nelle discipline “sorelle” come la fisica e la meccanica.
L’osservazione di Notarrigo mi sembra essere supportata dalla critica rivolta da Eratostene, il destinatario del “Metodo meccanico”, ad Eudosso ed Archita, i quali pur avendo fatto uso di strumenti “meccanici” nello studio della quadratura del cubo, non erano stati capaci di fare il passo successivo adattandoli alla geometria, non solo, ma li rimprovera di non essere stati in grado d’inventare strumenti atti a calcolare le due medie proporzionali con le quali si sarebbe risolto il problema, come aveva fatto lui. in conclusione il mancato uso di soluzioni e supporti che oggi chiameremo ingegneristici, in ambito alessandrino veniva visto come grave demerito, ma non un limite della disciplina scientifica, bensì personale.
Effettivamente, leggendo i testi dei matematici greci, fatta eccezione forse per Euclide, non sembra che siano stati influenzati più di tanto dalla filosofia platonica e aristotelica, che sembra avere condizionato soprattutto gli studiosi di storia della scienza, ma non gli scienziati contemporanei ai grandi filosofi. Archimede ad esempio non menziona né Euclide ( pur applicando i suoi teoremi), né Aristotele, non sappiamo se non lo conobbe o se non lo ritenne degno di menzione.
A mio avviso il “mistero di Archimede” è la sua serietà scientifica. Archimede riuscì ad ottenere risultati così straordinari, perché costruì i suoi procedimenti su basi il più possibile solide. 
La soluzione dei problemi geometrici in Archimede non consiste in un unico procedimento analitico “lineare” come in uso oggi, non si tratta cioè una serie di comprovati passaggi conseguenti l’un l’altro lungo una linea di ragionamento; nell’ottica archimedea ciò non avrebbe avuto sufficiente rigore, non garantendo la certezza del risultato finale. 
Archimede si servì invece di una serie di singoli studi appartenenti a tutte le discipline scientifiche che gli potevano essere utili, anche se apparentemente senza relazione tra loro, che avevano la funzione di esplorare ed approfondire ogni minimo aspetto del problema sotto ogni possibile punto di vista, analizzando meticolosamente ogni singolo elemento e rapporto tra le figure geometriche in questione, avvicinandosi al problema da più punti a piccoli e ben fondati passi, così da ottenere una rigorosa soluzione, che in genere nei suoi scritti sembra arrivare inaspettata e al tempo stesso perfetta; questo perché composta da molti piccoli passaggi (teoremi), e soluzioni secondarie non sempre espressamente menzionati nella dimostrazione finale, la quale, in una sintesi geometrica, trasforma ciò che in origine era una dimostrazione “globale” in “lineare”: una singola proposizione, dietro alla quale si nasconde un complesso intrico di proposizioni, assiomi e definizioni appartenenti a tutti i rami della scienza.
 Il mistero di Archimede in conclusione non è altro che uno straordinario metodo scientifico che noi oggi non riusciamo più a riprodurre, forse per riuscirci bisognerebbe tornare indietro e guardare alla scienza in modo diverso, dimenticando la frammentazione, il positivismo ed il relativismo. Gli ultimi due in modo particolare danno l’idea di avere rinunciato, senza una fondata motivazione, alla ricerca di procedimenti dimostrativi il più possibile affidabili e precisi, in altre parole a ciò che era stato l’obiettivo principale della scienza e filosofia classica. Forse dopo l’iniziate esaltazione della Ragione, ci si è resi conto di quanto questa sia difficile da gestire, dell’immane sforzo intellettuale che comporta e che, contrariamente a ciò che si è tentato di fare, non è facilmente asservibile, e adesso la Ragione è semplicemente scomoda e capire personaggi come Archimede o Zenone diventa veramente difficile.

Tra la molta letteratura sull’argomento, alcuni testi:

G.Cambiano, Alle origini della meccanica: Archimede ed Archita, Arachnion 2,1, maggio, 1996.
P.Dupoint, Appunti di storia dell’analisi infinitesimale, vol.I, Le origini, Torino, 1981, pp.236-38.
 M.Galuzzi, La lettura di Archimede nell’opera di Newton. in: Archimede mito, tradizione, scienza. Firenze 1992, pp.291-317.
E.Giusti. Immagini del continuo in:L’infinito di Leibniz. Problemi e terminologia. ( Simp.Int.Lessico Intelettuelale Europeo della Gotfried-Wilhelm-Leibniz Gesellschaft) (Roma 1989), Roma 1990, p.3-32
O.Neugebauer, The Exact Sciences in Antiquity, Princepton, 1952.
S.Notarrigo, Il Linguaggio Scientifico dei Presocratici analizzato con l’Ideografia di Peano. MondoTRE/ Quaderni, Siracusa, 1989.
S.Notarrigo, Archimede e la Fisica, in: Archimede, mito, tradizione e scienza, a cura di C.Dollo, Firenze 1992.

L.Russo, La rivoluzione dimenticata. Il pensiero scientifico greco e la scienza moderna, (2 ed.) Milano, 2003.

sabato 4 gennaio 2014